I comportamenti a rischio

I comportamenti adolescenziali sono il risultato del processo di sviluppo (diventar grandi) all’interno di in una certa cultura. Sono il frutto dell’interazione tra caratteristiche dell’individuo, i suoi compiti evolutivi e l’ambiente sociale della cultura occidentale.
Ultimamente si sono verificati numerosi cambiamenti a livello sociale (declino delle nascite, donne più emancipate, incremento dei divorzi, ecc.) Nonostante tali modificazioni la famiglia comunque assolve a compiti importantissimi quali: sostenere ed indirizzare lo sviluppo individuale, garantire la continuità dell’ordinamento sociale Negli studi psicologici si è sempre data grande importanza alle relazioni ed interazioni tra i membri di una famiglia. Tali contatti favoriscono infatti lo sviluppo affettivo e cognitivo, e danno le basi delle TRANSIZIONI dei rapporti interpersonali e SOCIALI.

Il mutamento del ruolo genitoriale si inserisce in un generale mutamento della società e dei ruoli sociali. In ambito psicopatologico, rispetto a qualche anno fa, quando lo scompenso era di tipo prevalentemente psicotico, si assiste oggi a un numero sempre crescente di patologie psicopatiche, sociopatiche, di disturbi dell’identità a carattere dissociativo, a disabilità dell’apprendimento su base emotiva, a disturbi del comportamento alimentare. Il fenomeno, che comporterebbe anche un approfondimento di tipo sociologico, ci mette tuttavia di fronte a un comune denominatore presente in tutte queste manifestazioni psicopatologiche, vale a dire una grave e pervasiva incapacità a pensare a se stessi in termini progettuali e con una precisa nozione di evoluzione processuale (autonomizzazione-assunzione di responsabilità).

Tutto ciò determina un palese disturbo nei confronti di un esterno (da intendersi come percezione del mondo o relazione con le altre persone) con il quale il ragazzo, a fronte di vissuti di estraneità, di inappartenenza, di pericolosità generica non sa contrattare o negoziare, maneggiando la difficoltà in senso dissociativo, antisociale, asociale. A fronte di quanto detto, l’operatore che si trova di fronte a un adolescente, deve distinguere le manifestazioni di un disagio tipico dell’età dai segnali relativi alla presenza di un disturbo psicopatologico preciso. Recentemente indagini sulla percezione sociale del disagio adolescenziale hanno mostrato un effetto di distorsione del giudizio (degli adulti) con una sovrastima degli aspetti di rischio e una minore considerazione degli aspetti protettivi, soprattutto a carattere sociale. Ciononostante esiste un malessere significativo: escludendo comportamenti ad alto rischio o gravemente psicopatologici, numerose ricerche hanno evidenziato che i giovani al di sotto dei 18 anni che lamentano un disagio psicologico costituiscono una percentuale variabile tra il 17 e il 22%. Nei giovani esiste l’esigenza di unicità e visibilità ricercate anche attraverso comportamenti provocatori o eccentrici, o il bisogno di anticipare l’età adulta mediante comportamenti inadeguati all’età.

L’attrazione dei giovani per le emozioni forti (sensation seeker), le condotte pericolose e le sfide, l’impulsività, e il sentimento di impotenza e invulnerabilità, se, da una parte, sono funzionali alla differenziazione e alla costruzione dell’identità personale, dall’altra rappresentano un evidente fattore di rischio. Sono caratteristici dell’adolescenza alcuni errori cognitivi come la minimizzazione, cioè l’incapacità di cogliere globalmente gli aspetti di una situazione, il pensiero dicotomico, del tipo tutto o nulla e la personalizzazione, cioè il percepirsi come causa di eventi soprattutto negativi.

Gli orientamenti più attuali degli studi convergono sull’attenzione alle ‘risorse’ degli adolescenti. Il problema è fornire agli adolescenti ‘risposte più valide ai loro compiti di sviluppo, le quali siano meno pericolose sul piano fisico e più creative, mature ed evolute sul piano psicologico e sociale. Lo stress in adolescenza costituisce un importante fattore di vulnerabilità. Alcuni studi lo indicano in aumento anche a causa dell’incertezza sociale che si aggiunge alla normale incertezza dell’adolescenza. Si distinguono: gli stress normativi rappresentati dai generali compiti di sviluppo, gli stress non normativi come i divorzi dei genitori e i lutti nell’ambito familiare o la mancanza di lavoro, gli stress quotidiani.

Sono individuabili cinque grandi classi di stress adolescenziale: relativi a sé, alla famiglia, agli amici, all’interazione tra sé e la famigli, all’interazione tra sé e gli amici. Le modalità con le quali i giovani fronteggiano lo stress è più importante dell’impatto dello stress in quanto tale (capacità di coping). Sia i giovani che i tardo adolescenti, sia che cerchino aiuto spontaneamente, o che vengano inviati, arrivano alla consultazione con un costante (espresso, nascosto o negato) sentimento di slealtà nei confronti dei loro genitori, perché stanno cercando nel clinico un genitore sostitutivo

L’adolescente in consultazione
Ciò, da un lato, ha a che vedere con la speranza di una relazione migliore motivata da una comprensibile ma pericolosa idealizzazione di un curante magico, dall’altro comporta vissuti di tradimento nei confronti della famiglia. Se l’operatore non è in grado di riconoscere le dinamiche interpersonali e si lascia coinvolgere, comprometterà da subito la possibilità dell’alleanza terapeutica. Infatti l’investimento emotivo su di sé come oggetto immediato di relazione altera quella distanza di sicurezza che permette invece al clinico un atteggiamento consulenziale, conoscitivo ed emotivo, per cui egli si presta a svolgere una funzione e non a stabilire da subito un atteggiamento terapeutico.

L’adolescente è diffidente non per malattia ma per necessità evolutiva. La diffidenza da parte dell’adolescente che chiede una consultazione è un dato sicuro.
Il ragazzo deve mettere alla prova il terapeuta per vedere se può utilizzarlo per le sue esigenze di crescita (se sarà in grado di reggere il peso delle sue paure). Anche la sfiducia è fisiologica più che in altre età dato che il ragazzo si trova in un vortice di cambiamenti che sconvolgono la sua vita di ex-bambino o di ex pubere, nel mondo interno e nel mondo esterno; cambiamenti che fatica ad affrontare e controllare, così come fatica ad acquisire e integrare nuove competenze cognitive, sessuali, emotive, affettive, relazionali e sociali che lo sviluppo fisico e la realtà richiedono.

L’impotenza è l’effetto di innumerevoli fattori. L’acquisizione di capacità cognitive quali l’astrazione e di riflessione su di sé e sui propri pensieri, mette il ragazzo nella condizione di utilizzare la meta- cognizione per stabilire delle connessioni tra passato e presente e di progettare il proprio futuro tramite personali strategie cognitive ed emotive. Questa capacità apre la prospettiva di trascendere l’immediatezza della situazione attuale, di immettersi nel senso della processualità legato al passare del tempo e di esplorare il nuovo, cui avvicinarsi per successivi riaggiustamenti e per esperienze di prove ed errori. Se l’adolescente non riesce a credere nella possibilità di trovare un suo stile di coping o di problem solving non potrà usare le sue capacità anche all’interno della consultazione stessa.

La fantasia ha un ruolo importante nella dinamica adolescenziale, soprattutto se si tratta di ‘fantasia generativa. Le fantasie generative sono fantasie persistenti, ma non durano tutta la vita. Il loro contenuto riguarda spesso la rassicurazione dell’autostima e la gratificazione narcisistica. Esse parlano, in linea di massima, alle nostre speranze e ai nostri sogni, specie per quanto concerne la carriera, la famiglia, le aspirazioni sentimentali. Poiché sono orientate al futuro e incentrate su problemi di autostima, le fantasie generative, spesso servono da guida per iniziare certi percorsi e aiutarci ad operare gli adattamenti necessari. Ben altra cosa è la fantasia dissociativa, vale a dire quella fantasia usata come strumento per cambiare di stato, per cercare sul serio di diventare un altro, per uscire dalla sofferenza trasformando il proprio io in un altro con comportamenti disfunzionali alla crescita o addirittura con il suicidio. La fantasia perde il suo valore generativo progettuale nel momento in cui perde la caratteristica del possibile e quindi deve essere messa in atto.

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